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Fava

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Fonte: Articolo pubblicato da Valsoia
Proprietà nutrizionali:

Tra i legumi, risulta essere il meno calorico. La fava ha comunque un alto valore nutritivo: fornisce proteine, fibre, una vasta gamma di vitamine (A,gruppo BCEKPP) e sali minerali importanti per la loro azione di drenaggio dell'apparato urinario . In fitoterapia si utilizzano solo i fiori ed i legumi. L'ingestione della fava o la semplice inalazione del polline della pianta in fiore può provocare, talvolta, una rapida intossicazione: il favismo.

Consigli:

Dolci e molto tenere, al momento dell'acquisto scegliere le fave con baccello duro e croccante, lucido e di un bel colore verde brillante, privo di macchie e screpolature. Ad autenticarne la qualità e, in particolar modo la freschezza, è lo schiocco che deve fare il baccello quando lo si spezza. Se non vengono consumate subito si possono essiccare, oppure congelare dopo averle sbollentate per circa 3 minuti e riposte, appena raffreddate, in sacchetti di plastica. A Roma la tradizione consiglia di mangiarle freschissime con il Pecorino, ma bisogna approfittare della stagione, perché fresche si trovano solo fino a giugno. La fava si può consumare cruda, quando è ancora giovane e tenera, eliminando la pelle ma risulta più digeribile se cotta con tutto il legume. Se sono state essiccate dovranno macerare per 24 ore in acqua tiepida, per eliminare l'epidermide coriacea. Le fave si consumano anche come purea o nelle minestre: per favorirne la digestione aromatizzarla con erbe stimolanti, come la santoreggia e la salvia.

Varietà:

Si conoscono diverse varietà di fava: la Vicia Faba Equina Fava Cavallinae la Vicia Faba Minor Favetta che vengono coltivate come piante foraggiere; la Vicia Faba Maior, la più nota, che è una pianta da orto con baccelli grossi e lunghi e semi grandi ed appiattiti: quest'ultima è quella che viene destinata all'alimentazione umana.

Storia:

Questo antico ortaggio, classificato con il nome di vicia faba” , appartiene alla famiglia delle Leguminose. Già coltivato nell'età del bronzo, nell'antichità era conosciuto ed apprezzato come alimento commestibile, anche se si era circondato di “una macabra nomea”. Nell'antica penisola ellenica si riteneva infatti che Cerere avesse donato ad una città dell'Arcadia i semi di tutti i legumi tranne quelli delle fave, cui era legata la superstizione di “albergare le anime dei morti”, credenza avvalorata anche da Pitagora. Al tempo dei romani venivano consumate secondo le ricette di Apicio che le voleva assieme a uova, miele e pepe, prima di mescolarle ad erbe e salse. Inoltre, durante le feste dedicate alla dea Flora, protettrice della natura che germoglia, i romani le gettavano sulla folla in segno di buon augurio. Ma a festeggiamenti conclusi questo legume tornava ad essere ritenuto impuro in quanto utilizzato nei riti religiosi come cibo per i defunti, usanza simile a quella dei greci.

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