La comunità scientifica ha ormai ampiamente riconosciuto che alcuni alimenti vegetali (come, ad esempio, i broccoli, i pomodori) sono una ricchissima fonte di componenti biologicamente attivi, che possono influire sulla salute e sui rischi di malattia in migliaia di modi. Il crescente interesse per queste sostanze ha portato allo sviluppo commerciale dei "functional foods" (alimenti funzionali).
A tal proposito, gli alimenti di soia, per molti, sono il "functional food" per eccellenza. A ragion veduta, nessun alimento, negli ultimi dieci anni, ha avuto tanti consensi come quelli di soia.
I semi di soia, infatti, vantano una lunga storia come alimenti vegetali versatili in grado di fornire proteine di elevata qualità con un bassissimo apporto di grassi saturi.
Caratteristiche queste che, da sole, dovrebbero promuoverne la diffusione nei regimi alimentari dei paesi occidentali.
Un alimento completo, ricco in proteine, è il legume più digeribile con un’altissima percentuale di proteine, tanto che può benissimo essere usata come sostituto della carne.
Il nome proteine (o protidi) deriva dal greco «pròtos» che significa primo, proprio per sottolineare la loro fondamentale importanza per il nostro organismo. Il loro consumo deve essere di circa 1 grammo al giorno per chilo di peso (e, in un’alimentazione equilibrata devono rappresentare il 15% del totale delle calorie giornaliere). Tali valori, comunque, entro certi limiti, possono aumentare in situazioni particolari quali la gravidanza, l’allattamento, l’accrescimento, l’intensa attività fisica lavorativa o sportiva, le malattie, la convalescenza.
La soia presenta la più alta concentrazione di proteine tra tutti gli alimenti (38%), così da poter essere considerata un naturale concentrato proteico vegetale. Ma la soia riveste un ruolo importante anche come alimento funzionale, vale a dire in grado di svolgere azioni benefiche per il nostro organismo, in quanto è ricca in vitamine e minerali (in modo particolare di ferro e potassio), contiene lecitina (sostanza che ha un effetto ricostituente sul sistema nervoso centrale), ha un bassissimo apporto sia di grassi saturi (≤1%) che di colesterolo (≤1%) e le sue proteine sono in grado di abbassare il livello del colesterolo nel sangue.
Grande poco più di un lenticchia, offre davvero un pieno di benessere.
I semi della soia, un arbusto leguminaceo originario del Sud est asiatico, ma oggi diffusissimo anche nelle due Americhe, sono sempre più presenti sulla nostra tavola.
Poche di noi ne conoscono però esattamente proprietà e benefici specifici.
Mettiamone allora a fuoco con maggiore precisione le caratteristiche grazie alla consulenza di Roberto Volpe, ricercatore del Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche, nonchè esperto Valsoia.
Il beneficio prodotto dalla soia sul rischio cardiovascolare può essere rapportato in modo preminente all’azione ipocolesterolemizzante, ma va ricordato che l’uso della soia ha altri vantaggi:
Pertanto, rimpiazzare con i prodotti a base di soia i cibi ricchi in grassi saturi e colesterolo o con alto indice glicemico, può avere un’importante ricaduta favorevole sul rischio cardiovascolare.
Chiaramente la soia, come qualsiasi altro alimento utilizzato per migliorare e rendere più salutari le abitudini alimentari, va inserita nel contesto di una alimentazione complessivamente corretta.
Rispetto alle proteine, per esempio, del latte (e quindi del formaggio), le proteine di soia hanno maggiore quantità di arginina e minore quantità di lisina, due aminoacidi essenziali.
Secondo Kritchevsky, il rapporto elevato arginina-lisina spiegherebbe l'effetto ipocolesterolemizzante.
Le ricerche italiane, invece, dimostrano che le proteine di soia, inibendo la sintesi epatica del colesterolo, hanno un effetto di stimolo sui recettori del fegato che, aumentando di numero, legano un maggior numero di proteine che trasportano il colesterolo nel sangue (le cosiddette lipoproteine).
Infatti, questi recettori, che appaiono come piccole insenature sulla superficie della cellula del fegato, legando le lipoproteine, le trasportano all'interno della cellula epatica, ne estraggono il colesterolo e conseguentemente, riducono la colesterolemia.
Se ad un animale somministriamo proteine animali, questi recettori diminuiscono drasticamente e si induce ipercolesterolemia; succede il contrario se forniamo proteine di soia.
Si tratta di un effetto di "regolazione" dei recettori che spiegherebbe perché soltanto soggetti ipercolesterolemici, dove i recettori sono cronicamente ridotti, traggono beneficio da questa terapia dietetica.
Proprio grazie a questa capacità delle proteine della soia (a dose media di 25g al giorno, anche suddivise in più razioni) di ridurre il colesterolo-LDL di oltre 20 mg/dL, (il colesterolo-LDL è quello cosiddetto cattivo, in quanto responsabile della placca), che la Food and Drugs Administration statunitense ha riconosciuto che le proteine della soia possono ridurre in modo significativo il rischio cardiovascolare e quindi l'infarto miocardico e l'ictus cerebrale.
Pertanto, quando l'approccio nutraceutico non farmacologico risulti non solo “naturale”, ma anche efficace, ben tollerato e sicuro, può rappresentare una valida strategia per ridurre il rischio cardiovascolare non solo in quei pazienti ipercolesterolemici che, pur essendo in trattamento con farmaci, non raggiungono l'obiettivo terapeutico (in questi casi le proteine della soia vanno associate al famaco già utilizzato), o negli ipercolesterolemici intolleranti ai farmaci ipocolesterolemizzanti, ma anche in quei pazienti ipercolesterolemici a rischio cardiovascolare non elevato e nei bambini-ragazzi ipercolesterolemici a rischio in quanto figli di genitori con infarto o ictus prematuri (prima dei 55 anni nel padre e prima dei 65 anni nella madre).
In questi ultimi casi, è possibile che i soggetti, essendo considerati a rischio basso, non vengano adeguatamente seguiti, in quanto un intervento farmacologico potrebbe apparire prematuro e/o eccessivo. Invece, le proteine della soia potrebbero offrire un sostanziale effetto preventivo anche a quella popolazione che, pur non avendo un rischio elevato, è comunque a rischio.
La soia, presenta la più alta concentrazione di proteine tra tutti gli alimenti (38%), così da poter essere considerata un naturale concentrato proteico vegetale.
Dal punto di vista nutrizionale la soia rappresenta non solo un’ottima fonte di proteine facilmente assimilabili e digeribili dall'organismo umano, ma uno spettro aminoacidico fra i più completi, tale da poter competere con alimenti come la carne, il pesce, le uova, il latte e derivati, fontI delle cosiddette proteine nobili, in quanto contenenti tutti gli 8 amonoacidi essenziali (vale a dire quelli che devono invece essere introdotti dall'esterno con gli alimenti, in quanto non possono essere sintetizzati direttamente dall’organismo).
La soia, infatti, è carente solo in metionina. Tra l’altro, il potere nutritivo della soia può essere evidenziato dal valore del PER (Protein Efficiency Ratio), che rappresenta il rapporto fra l'incremento del peso corporeo e la quota proteica ingerita. Tale valore è di 2,33 per la soia, vicino a quello della caseina che è di 2,86 (la caseina è presa come riferimento in quanto considerata una proteina fra le più complete dal punto di vista nutrizionale).
Ma la soia riveste un ruolo importante come alimento dietoterapeutico anche perché è ricca in vitamine e minerali (in modo particolare di ferro e potassio) e contiene lecitina, che ha un effetto ricostituente sul sistema nervoso centrale, in quanto fornitrice di colina necessaria alla neuro-trasmissione colinergica, e le sue proteine sono in grado di abbassare il livello del colesterolo nel sangue.
Negli ultimi anni si è osservato un aumento dei casi di diabete e di ipertensione arteriosa nella popolazione.
Le cause principali di questo fenomeno sono sicuramente l’invecchiamento della popolazione, ma, anche e soprattutto, un’alimentazione eccessiva in quantità e non corretta dal punto di vista nutrizionale che, insieme a un regime di vita sempre più sedentario, hanno determinato un aumento della prevalenza dell’obesità, patologia che spesso comporta un aumentato rischio proprio di diabete e ipertensione.
Per fortuna, però, un adeguato intervento nutrizionale, associato ad aumento dell’attività fisica, può prevenire o attenuare questi importanti fattori di rischio cardiovascolare.
Tra le misure dietetiche che vanno adottate, è fondamentale, oltre alla sempre auspicabile riduzione dell’apporto di grassi saturi e trans, del sale e dell’alcool, aumentare il consumo di cereali, di pesce, di legumi (sia di quelli “classici” che dei cibi a base di soia), di verdura, di frutta fresca (e anche di quella secca, ma con moderazione nelle quantità per l’alto apporto calorico che la caratterizza) e di usare come condimento gli oli ad alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi (come l’olio extravergine di oliva) e polinsaturi (come, ad esempio, l’olio di arachidi, di mais, di soia).
Il beneficio sui principali fattori di rischio cardiovascolare (ipercolesterolemia, diabete, ipertensione arteriosa) che deriva da questa alimentazione, che a ben ragione possiamo definire corretta e salutistica, può essere rapportato non solo al miglior controllo della colesterolemia, ma anche al basso indice glicemico dei carboidrati presenti nei cibi ad alto contenuto in fibre, come i cereali integrali, i legumi e con essi la soia, le verdure e la frutta fresca.
Le fibre, tra l’altro, favoriscono anche il senso di sazietà e presentano un ridotto apporto calorico, per cui appaiono fondamentali nel trattamento non farmacologico non solo del diabete, ma anche dell’obesità.
Si è visto, inoltre, che nel paziente iperteso, un’alimentazione mediterranea che contempli anche una certa quota di soia, possa ridurre i valori di pressione arteriosa di 2-5 mmHg, riduzione apparentemente minima ma che invece è in grado di abbassare di oltre il 7% il rischio di infarto e di oltre il 10% il rischio di ictus cerebrale.
Pertanto, rimpiazzare i cibi ricchi in grassi saturi e colesterolo o con alto indice glicemico e/o salati con i prodotti su citati può avere un’importante e ben documentata ricaduta favorevole sull’incidenza di diabete ed ipertensione arteriosa e, in definitiva, sul rischio cardiovascolare.